Un segno di vulnerabilità alla dipendenza da cocaina

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 10 aprile 2021.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

È un dato di conoscenza medica di vecchia data che alcune persone dopo poche assunzioni di cocaina diventano dipendenti, mentre altre sembrano in grado di sopportare a lungo un uso non compulsivo, sviluppando dipendenza solo per esperienze protratte a dosi crescenti. Fermo restando che anche le persone che appaiono inizialmente “immuni” riportano danni dose-dipendenti al sistema nervoso centrale, si cerca da tempo di definire correlati neurali sia molecolari sia elettrofisiologici della maggiore vulnerabilità alla patologia cerebrale e mentale causata dall’assunzione protratta della molecola estratta dalle foglie di coca.

Mickael Degoulet e colleghi dell’Università di Marsiglia hanno cercato elementi che provino la differente predisposizione all’addiction, impiegando un modello di ratto (il migliore attualmente disponibile: a state-of-the-art rat model) che riassume i caratteri principali dello stato mentale dell’uomo, cioè la ricerca compulsiva di cocaina e la resistenza a punizioni associate a tale comportamento. Lo studio elettrofisiologico ha evidenziato la possibilità di riconoscere un contrassegno distintivo della suscettibilità allo sviluppo di dipendenza.

In particolare, l’attività oscillatoria del nucleo subtalamico (STN) durante un precedente esteso accesso alla cocaina è risultata essere un vero e proprio biomarker per riconoscere gli individui, tra i ratti, che avrebbero cominciato in breve tempo a cercare compulsivamente l’alcaloide, esprimendo un comportamento distintivo dello stato. Mickael Degoulet e colleghi hanno poi rilevato che i ratti che avevano sviluppato il comportamento compulsivo, e dunque equivalenti alle persone tossicodipendenti, trattati con DBS (deep brain stimulation) di STN a bassa frequenza, cioè 30 Hz, sembravano guarire dal comportamento patologico di ricerca della cocaina. Questo effetto di riduzione efficiente e significativa del sintomo di dipendenza non si verificava con frequenze elevate, dell’ordine dei 130 Hz. Considerate le numerose applicazioni cliniche in neurologia e in psichiatria della DBS, i risultati di questo studio sembrano promettenti in chiave terapeutica.

(Degoulet M. et al., Subthalamic low-frequency oscillations predict vulnerability to cocaine addiction. Proceedings of the National Academy of Sciences USA 118 (14): e2024121118, April 6, 2021).

La provenienza degli autori è la seguente: Institut de Neurosciences de la Timone, UMR7289 CNRS Aix-Marseille University, Marseille (Francia).

Prima di esporre più in dettaglio i contenuti dello studio, si riportano delle nozioni introduttive sulla cocaina proposte in precedenza[1]:

La cocaina (benzoilmetilecgonina, C17H21NO4) è un alcaloide estratto dalle foglie di coca, noto da lungo tempo come stimolante del sistema nervoso centrale con sede prevalentemente corticale, come inibitore dell’appetito ed anestetico locale. Intensamente studiata per le gravi conseguenze che determina il suo consumo come sostanza d’abuso, la cocaina è considerata una reinforcing drug inclusa nella classe degli stimolanti psicomotori[2]. L’azione della cocaina si esplica principalmente attraverso l’interazione con le proteine trasportatrici (DAT, SERT, NET) dei neurotrasmettitori monoamminici dopamina, serotonina e noradrenalina, con inibizione della ricaptazione ed aumento extracellulare del mediatore[3]. L’incremento della quota delle amine biogene che si possono legare al recettore post-sinaptico è determinato anche da altri effetti dell’alcaloide, fra cui l’internalizzazione del DAT. È nozione farmacologica consolidata che le dosi basse e moderate di cocaina inducono incremento di attività, loquacità, euforia, sensazione di benessere, resistenza alla fatica e riduzione dell’assunzione di cibo, anche se l’interferenza con i meccanismi fisiologici della fame può, in alcuni casi e alcune circostanze, determinare l’effetto paradosso dell’iperfagia. Con il crescere delle dosi si ha induzione di attività motoria ripetitiva e comportamenti stereotipati; a dosi ancora maggiori si ha ipertermia, convulsioni, coma e morte[4].

Un aspetto saliente della cocaina e delle altre classi di composti psicotropi assunti come sostanze d’abuso (oppiati, cannabinoidi, allucinogeni, dissociativi, nicotina, alcool, ecc.) è la proprietà di induzione di addiction, termine tradotto in italiano con “dipendenza” ma in realtà connotativo di una classe concettuale che include il fenomeno della dipendenza ma si riferisce, più in generale, allo stato che segue alle assunzioni ripetute della sostanza con una modificazione dell’atteggiamento psichico rispetto alle priorità naturali e lo sviluppo di un desiderio compulsivo per la sostanza, che viene soddisfatto a dispetto della piena consapevolezza delle conseguenze negative che può comportare.

La corrente definizione neurochimica e farmacologica di dipendenza è così formulata: stato funzionale di adattamento sviluppato da cellule e sistemi per compensare l’eccessiva stimolazione indotta da una sostanza esogena all’organismo, che si traduce in un’alterazione dell’efficienza di alcune reazioni fisiologiche in assenza della sostanza di abuso[5].

La dipendenza nella sua qualità di stato fisiopatologico compensato dalla continua assunzione della sostanza psicotropa[6] è rivelata dalla sindrome da astinenza: sospendendo l’assunzione si genera uno stato di sofferenza affettiva ed emozionale con alterazione della motivazione e disturbi viscerali e somatici, prevalentemente mediati da squilibrio neurovegetativo.

Esistono vari gradi e forme di sindrome da astinenza, con le più lievi che sono avvertite dal soggetto come un turbamento dovuto al bisogno della sostanza e le più gravi che comportano iper-attivazione dei sistemi neuronici dello stress con danni organici.

L’uso compulsivo di sostanze psicotrope è influenzato da molti fattori, psichici, neurogenetici, epigenetici e neurochimici, che possono facilitare o ostacolare lo sviluppo delle modificazioni adattative molecolari, cellulari, sinaptiche e dei sistemi neuronici alla base dell’addiction.

Una tesi classica, elaborata sulla base dei dati emersi dalla ricerca, è che le sostanze psicotrope in grado di causare dipendenza, già a basse dosi possano generare sensibilizzazione del desiderio evocato dalla droga e dagli elementi-segnale associati e, allo stesso tempo, tolleranza del piacere. In altri termini, secondo questa tesi, spesso definita teoria della sensibilizzazione incentivante dell’addiction, la proprietà di queste sostanze consiste nell’accrescere il desiderio, che si sviluppa per stimoli sempre più bassi (sensibilizzazione), e allo stesso tempo nel ridurre il piacere (tolleranza), che richiede un aumento della dose unitaria o giornaliera (aumento delle assunzioni) perché lo si possa provare.

Un’altra tesi consolidata è la cosiddetta teoria dell’apprendimento, che pone l’accento sulla capacità della cocaina e di altre sostanze di facilitare alcune forme di apprendimento responsabili dell’innesco delle modificazioni neuroadattative dell’addiction.

Anche se i circuiti neuronici attivi nello stato di dipendenza sono numerosi, il circuito costituito dai neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale del mesencefalo (VTA) e le sue aree corticali e limbiche di proiezione è il più importante e studiato, tanto da essere identificato da molti ricercatori col sostrato neurale delle alterazioni psico-comportamentali determinate dalle sostanze che causano compulsione. La principale stazione di questo circuito dopo i neuroni del tegmento, il nucleo accumbens, la cui attivazione determinata dalla VTA è associata al rinforzo, costituisce un tramite o “interfaccia” tra le regioni importanti per la motivazione (corticali e limbiche) e le aree responsabili dell’esecuzione del comportamento motivato, come la ricerca della sostanza e la sua assunzione.

Tale rete neuronica, identificata tradizionalmente col “sistema a ricompensa”, risponde in condizioni fisiologiche a tutti gli stimoli alimentari e sessuali che vengono rinforzati ma, mentre con ricompense naturali l’attivazione dei neuroni dopaminergici è molto contenuta, con cocaina e altre droghe psicotrope il rilascio di dopamina dai terminali sinaptici sui dendriti dei neuroni delle aree corticali e limbiche attivate è molto elevato e, talora, sfugge ai meccanismi di regolazione fisiologici. Ad esempio, la normale cessazione dell’azione sinaptica della dopamina si deve in gran parte alla proteina trasportatrice DAT: la cocaina blocca e internalizza questa molecola, prolungando l’effetto di stimolo dopaminergico fino ad esaurimento dei quanti rilasciati nella fessura sinaptica. Effetti simili sono esercitati dalla cocaina su noradrenalina e serotonina (5-HT), bloccando i trasportatori NET e SERT, che intervengono nella ricaptazione presinaptica.

La cocaina avvia l’effetto di adattamento neuronico elevando ripetutamente i livelli di monoammine, ma poi interessa il sistema del glutammato e altri sistemi di neurotrasmissione. Come altre sostanze d’abuso, la cocaina modifica la connettività sinaptica dei circuiti neuronici cerebrali influenzando la plasticità sinaptica, causa cambiamenti nella struttura dei dendriti e delle loro spine e, infine, agisce sui fattori di trascrizione modificando l’espressione genica[7].

Riprendiamo ora il problema affrontato dallo studio qui recensito, cioè poter identificare individui vulnerabili all’addiction prima che entrino nel loop compulsivo che li porta a orientare tutta la propria attenzione e le proprie energie verso lo scopo prioritario di ottenere la sostanza. Si tratta di una sfida di cruciale importanza per la ricerca sulle basi neurobiologiche delle tossicodipendenze. Numerose osservazioni hanno evidenziato che i rilevi oscillatori corrispondenti all’attività elettrofunzionale dei neuroni che costituiscono il nucleo subtalamico (STN), classicamente denominato in anatomia umana corpo di Luys, è stata associata a comportamenti sintomatici tipici di disturbi psicopatologici con manifestazioni compulsive. Anche se lo spettro delle compulsioni – intese secondo un criterio psichiatrico tradizionale – è ampio e include manifestazioni neurofisiologicamente eterogenee legate a stati cerebrali e neuroendocrini opposti, quali le compulsioni sessuali e quelle di disturbi associati ad ansia e stress, sembra che la loro componente effettrice implichi in ogni caso l’intervento di reti che fanno capo a neuroni di STN.

Per tali ragioni, Mickael Degoulet e colleghi hanno concentrato la propria attenzione sul comportamento elettrico di questo nucleo in un ratto considerato attualmente un modello privilegiato per lo studio del comportamento dei roditori equiparato alla tossicodipendenza umana. Solo una parte di questi roditori, dopo essere entrati in fase di escalation dell’assunzione, era incurante della scossa elettrica erogata alle zampe come dissuasivo e continuava nella ricerca della sostanza; di questi esemplari i ricercatori hanno studiato il tracciato elettrofunzionale derivato dagli aggregati neuronici STN.

È emerso che, durante la fase di escalation dell’assunzione, i ratti che avrebbero sviluppato in breve il comportamento compulsivo non inibito dalla scarica elettrica, presentavano un’attività oscillatoria anomala nelle bande alfa/teta e nella bassa beta. In modo affidabile, il rilievo di questo profilo di anomalie consentiva di prevedere lo sviluppo dell’equivalente della tossicodipendenza umana.

In un interessante esperimento di verifica, i ricercatori hanno indotto la specifica alterazione funzionale di STN in ratti non compulsivi durante la fase di libera assunzione di cocaina, e hanno registrato la trasformazione comportamentale in roditori compulsivi.

Gli esperimenti di trattamento della compulsione con DBS hanno dimostrato l’efficacia della frequenza di 30 Hz, contrapposta all’inefficacia delle frequenze alte (130 Hz), nel ridurre in modo significativo la ricerca di cocaina.

Mickael Degoulet e colleghi affermano che il profilo elettrico da loro identificato costituisce un marker sicuro per l’identificazione degli individui che, assumendo cocaina, possono sviluppare compulsione dipendente. Per parte nostra, pur apprezzando lo studio e i suoi risultati, rimaniamo molto prudenti circa l’estensione alla realtà umana e alla sua nota complessità, e pertanto attendiamo conferme o confutazioni dal prosieguo degli studi.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-10 aprile 2021

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Si veda Note e Notizie 23-01-21 Il ruolo dei neuroni prelimbici negli effetti della cocaina.

[2] Alla classe degli stimolanti psicomotori appartengono anche le amfetamine, meno neurotossiche della cocaina.

[3] In passato si riteneva la cocaina un inibitore della ricaptazione della sola dopamina, poi numerosi esperimenti con topi knockout per gli altri trasportatori, hanno dimostrato l’importanza, per il rinforzo, dell’inibizione anche di SERT e NET (si ricorda che l’acronimo deriva dalla “E” di epinephrine, equivalente di adrenaline).

[4] A questi ben noti effetti acuti si devono aggiungere quelli cronici, che si identificano con i sintomi del danno causato ai vari distretti dell’organismo: ipersomnìa/insonnia, letargia, fame insaziabile, riduzione dell’attenzione, aumentato rischio di ictus cerebrale; rinorrea, congestione nasale, disturbi della voce, dispnea, broncospasmo, asma, emottisi; dolori anginoidi, aumentato rischio di infarto del miocardio, aumentato rischio di morte in cardiopatici, febbre, eosinofilia; abrasione dentale; disturbi cutanei associati a prurito. Per ulteriori dati si veda Note e Notizie 26-02-11 Destabilizzazione da cocaina del genoma cerebrale (pubblicato anche sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, ISS); Note e Notizie 15-10-11 La cocaina in gravidanza altera la maturazione cerebrale dopo la nascita e le numerose altre recensioni di lavori su questo argomento pubblicate nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito.

 

[5] La formulazione tradizionale dell’American Society of Neurochemistry era così espressa: an adapted physiological state of cells of systems that develops to compensate for excessive stimulation by a drug. La precisazione “che si traduce in un’alterazione dell’efficienza di alcune reazioni fisiologiche in assenza della sostanza di abuso” è stata introdotta da Giuseppe Perrella (V. in G. Perrella, Appunti di Neurochimica. BM&L-Italia, Firenze 2006), e a noi sembra un necessario e logico completamento, senza del quale il concetto di dipendenza (dependence) non si distinguerebbe da un generico effetto di tolleranza (adattamento caratterizzato da riduzione dell’effetto con la stessa dose) o di sensibilizzazione (adattamento caratterizzato da aumento dell’effetto con la stessa dose).

[6] La definizione è di Giuseppe Perrella.

[7] I primi due fattori di trascrizione individuati per l’importante ruolo nella dipendenza sono CREB e ΔFosB. Per la specifica influenza della cocaina sul genoma delle cellule cerebrali, si veda il già citato Note e Notizie 26-02-11 Destabilizzazione da cocaina del genoma cerebrale.